monica dengo classe

Come le parole dell'arabo preislamico, intelleggibili solo all'interno del senso generale della frase, così la scrittura di Monica Dengo si rende volutamente illeggibile, per lasciare emergere in primo piano il movimento di suggestioni inesprimibili e impalpabili sensazioni, in genere lasciato al margine di una lettura testuale.

Come regalo di compleanno, un calligrafo giapponese scrive con l'inchiostro rosso un augurio sul viso della figlia. Ogni anno il rituale si ripete, fino a quando la ragazza lascia la casa paterna per avviarsi a un infelice matrimonio combinato. Con questa immagine iniziava nel 1996 il film di Peter Greenaway I racconti del cuscino ...

Il film si ispira a un genere tradizionale della [1J lettura erotica nipponica e al libro di una dama di corte del X secolo, Sei Shonagon [2J, per narrare una storia ipnotica e allo stesso tempo respingente di ribellione, ricerca e vendetta. Protagonista una giovane donna, decisa a ritrovare con i suoi amanti il piacere che le aveva regalato la bellezza perfetta di quegli antichi ideogrammi, tracciati con sapienza sulla pelle del suo corpo. Una superficie morbida e ricettiva come un foglio di carta, ma a differenza di questa intimamente sensibile alla pregnante verità di quei segni capaci di fondere insieme concetto e immagine, spazio e tempo nel ritmo di un respiro, per raccontare storie proibite e ricercate , intime e carnali.

Estranea alla cultura occidentale (dove significa solo "bella scrittura"), questa ricerca ' del Vero tramite l'immagine scritta è intessuta in Oriente di una sua sottile sensualità , celebrata esplicitamente da Norio Nagayama (Tokio; 1956) in un'opera (Sensuale, 2009) , ora esposta al Museo Correr di Venezia all'interno della collettiva La poetica dello spazio scritto, che intende indagare il segno grafico come origine stessa dell'Arte attraverso un excursus tesa a collegare il passato con il presente.

Definita "campo della significazione infinita" da Roland Barthes (Variazioni sulla scrittura) - che in Il piacere del testo si domanda 'che cosa godiamo nel testo?' - la calligrafia ha conosciuto una trasformazione silenziosa e profonda all'interno del pensiero occidentale proprio nell'epoca contemporanea, analogica e digitale. Pensiamo al carattere visivo delle "parole in libertà del Futurismo",alla ricerca segnica e gestuale dell'lnformale nel secondo dopoguerra o a quella concettuale degli anni 60-70, ma soprattutto al ruolo del lettering nella Writing art di ieri e di oggi.

E alla fine è arrivata a conquistarsi spazi imprevisti nel mondo del cinema. Proprio qui, attraverso una lunga collaborazione con Peter Greenaway, Brody Neuenschwander (Houston, Texas, 1958) ha avuto modo di esplorare le possibilità del testo in movimento e la scrittura come performance filmata, arrivando a formulare testi-immagine densi di suggestioni musicali e sceniche, se non propriamente paesaggistiche, tali da conferire un'ambientazione alle sue riflessioni (Which emotions do I accept, 2008).

Il mondo cinematografico fa da sfondo anche ai pittogrammi dell'iraqueno Hassan Massoudy (Najef, 1944), eredi dell'esattezza e della precisione proprie della calligrafia araba, nata tra i Sumeri 5.000 anni fa, sviluppatasi nell'ambito del Sufismo e considerata nell'lslam iconoclasta l'arte sacra per eccellenza. Analogamente, il cinema e la televisione sottendono le sperimentazioni di Carlo Buffa, cui si devono loghi, titoli e l'invenzione di caratteri per 3 film di Carlo Mazzacurati (L'estate di Davide, RITRATTI: Mario Rigoni Stern, Andrea Zanzotto e Luigi Meneghello, La lingua del Santo). Buffa porta in mostra una monocromatica scrittura Tensho, contrappuntata da eleganti timbri a inchiostro rosso.

A uno sguardo più attento quell'insieme serrato di segni acquista l'aspetto di una lingua misteriosa e strana, in cui linee infinitamente diverse per spessore, lunghezza e andamento tradiscono figure filiformi e stilizzati personaggi, abitatori conviviali di un universo fantastico indiscutibilmente umano (Sutra del cuore 1, 2008). E tanto originario da ricollegarsi alla nascita stessa dei graffiti nelle caverne , 30 .000 anni fa , o a quel primo perduto Canone buddhista tradotto in sanscrito ibrido sotto l'Impero Kushan (I-II secolo) , che raccoglieva precedenti insegnamenti in lingue pracritiche, prodotti dalle diverse scuole attive in quell'antico melting-pot di popoli , culture e religioni che fu ed è l'Asia Centrale.

Un crogiolo di alfabeti teso a distillare conoscenze pratiche e concetti filosofici, magari in forma di aforismi dalla forma perfetta. Come le parole dell'arabo preislamico, intelleggibili solo all'interno del senso generale della frase, così la scrittura di Monica Dengo (1966) si rende volutamente illeggibile, per lasciare emergere in primo piano il movimento di suggestioni inesprimibili e impalpabili sensazioni, in genere lasciato al margine di una lettura testuale. Sono segni disobbedienti a ogni convenzione, pronti a invadere fogli e pagine di libri aperti , fino a occupare un 'intera sala del museo (Ti invito a fare tuo il testo, 2010) , invitando il pUbblico ad acuire i sensi (l'olfatto prima di tutto) e a cimentarsi di proprio pugno nella scrittura a mano libera, accompagnato dal rumore in sottofondo della "carezza ripetuta della penna che danza sulla carta", chiosa nel catalogo Teresita Scalco. . Imprevedibilmente, da questi grovigli vorticosi riaffiorano locuzioni riconoscibili. Sono frammenti di poesie di Tsering W. Dhompa e passi di Roland Barthes, composti a loro volta da linee ondulate e secchi trattini, che non esistono nella realta ma solo nell'immaginazione dell 'uomo. Gli stessi con i quali l'artista ha ricoperto il corpo nudo di donna (e lo spazio che lo accoglie) immortalato nella gigantografia che fa da pendant all 'installazione, recuperando il proprio personale alfabeto al ritmo di un tempo esistenziale e a un ruolo di mediazione tra pubblico e privato, che la fotografia, realizzata con la collaborazione di Marco Ambrosi , sta li a ribadire.

Francesca Franco